Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

martedì 29 novembre 2016

THE BLEU FOREST - A Thousand Trees Deep
(CD Gear Fab)


Ho passato parecchio tempo della mia vita viaggiando (la rete informatica ed i computers erano ancora, forse direi fortunatamente, degli alieni per i più) alla ricerca di dischi e ristampe di misconosciute e dimenticate bands dei medi sessanta trovandone davvero tante per nulla considerate e davvero meritevoli di un riconoscimento o almeno di attenti ascolti.
Dopo tanto tempo e innumerevoli ascolti trovavo veramente difficile entusiasmarmi nuovamente per dischi di quel proficuo ed irripetibile periodo storico sino a quando un mio caro amico mi ha sottoposto questo ritrovamento di un disco del 1968 mai uscito all’epoca e ricavato dai nastri scoperti nel semi interrato dell’unico membro della band sopravvissuto, ovvero Jack Caviness.
Beh, gente, ci troviamo di fronte ad un piccolo classico perduto tra le sabbie del tempo senza dubbio.
La cover, perfetta, ci trasporta in territori come Ventura County, dove erano nati appunto i BLEU FOREST; territori dominati da foreste fiabesche e grandi spazi che ritroviamo avvolti nelle crepuscolari e malinconiche trame dei brani in puro stile moody con tanto di organo che rende il suono più spesso, materialmente, che permeano come un manto di un inverno temibile ed affascinante al tempo stesso.
Davvero impossibile scindere i brani di A Thousand Trees Deep dal territorio fortemente caratteristico di provenienza.
Come potete immaginare la gestazione di queste registrazioni è stata molto avventurosa, tra le colline di Hollywood, lo studio di Jimmy Haskell e tutte le registrazioni ripetute per avere un migliore suono di batteria, i continui sacrifici, i concerti con leggende minori come CHILDREN OF THE MUSHROOM (procuratevi assolutamente la ristampa della spagnola Out Sider Rec. per poter ascoltare il loro unico 45 giri August Mademoiselle / You Can’t Erase A Mirror, vero capolavoro di psychedelia di ogni tempo e latitudine) ed infine l’oblio totale.
E’ incredibile il lavoro di veri e propri archeologi svolto da persone come Mike e Antonio rispettivamente della tedesca Gear Fab Records e della portoghese Golden Pavillon Records-
Il suono della band si può collocare tra i grooves psichedelici e soffici dei migliori MOBY GRAPE con punte più heavy che, non solo per l’uso dell’organo, fanno pensare ai primi STEPPENWOLF!
Difficile immaginare una band così?
E’ vero, ma ascoltando brani come Look At Me Girl o That’s When Happiness Began è chiaro che ci si trova di fronte ad un prezioso oggetto del desiderio per non parlare di perle più malinconiche come She Said She’s Leaving o la finale Trouble.
Descrivere a parole la sensazione che provo ancora oggi all’ascolto di dischi come questo è davvero arduo ma forse anche del tutto inutile.
Adoro scrivere di tutto questo anche se, in cuor mio, lo faccio più per me stesso che per chiunque altro possa leggere quanto scrivo.

Reverberend

Nessun commento:

Posta un commento