Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

giovedì 11 agosto 2016

THE SONICS - This Is The Sonics
(CD Re:Vox)



Ricordo la mia prima recensione per il Busca nell’ormai lontanissimo numero 68 del Marzo 1987: riguardava il secondo LP dei Sonics, Boom,  del 1966!
E’ stato il classico colpo di fulmine e non potrebbe essere altrimenti con una band che è una versione shakerata e violentata dei Kingsmen (giusto per rimanere nella stessa zona geografica) di Louie Louie.
Giusto per capirci, per chi ancora non li conoscesse, i Sonics stanno al garage-punk del northwest come i 13th Floor Elevators alla psychedelia texana.
Hanno influenzato tutto ciò che è stato punk prima del punk e poi sono stati influenti per i Nirvana, i Fall ma anche per Bruce Springsteen (lo hanno dichiarato loro stessi in interviste ufficiali) e tanti, tantissimi altri…
Il sound dei Sonics nei medi sessanta era uno shock assoluto (più dei rivali Wailers legati maggiormente a stilemi di puro r’n’r ancora troppo debitore degli anni cinquanta per essere altrettanto oltraggioso ed inconsueto): immaginate i classici riffs dei Kinks di You Really Got Me e All Day And All Of The Night  che vengono accelerati ed iper-compressi in una centrifuga dove incontrano un infuocato Jerry Lee Lewis.
Ora provate a pensare alla stessa band cinquanta (dico 50!!!) anni dopo che prepara un disco con eccellenti covers come le notissime I Don’t Need No Doctor (Ray Charles), You Can’t Judge A Book By The Cover (scritta da Willie Dixon) e l’arcinoto singolo Motown del 1963 Leaving Here (tra le innumerevoli renditions ricordiamo quella incendiaria dei magnifici Birds inglesi di Ron Wood pre-Stones) in questa occasione rese davvero roventi con il martellamento aggiuntivo del piano e del sax che incrementano ulteriormente i ritmi cadenzati e spaccaossa.
Gli originali non sono certo da meno con un drive pazzesco come quello di Sugaree, I Got A Number o Livin’ In Chaos solo per citarne tre.
Durante il cammino per questo album nuovo di zecca hanno incontrato Jim Diamond (dei Ghetto Recordings studio) ovvero il produttore di Detroit che ha aiutato non poco Jack White a trovare il proprio suono quando ancora i White Stripes incidevano per la indie label Sympathy for the Record Industry.
La registrazione, rigorosamente in mono, è esplosiva ed essenziale!
La band non ha perso nulla, credetemi, dell’attitudine che aveva durante gli anni d’oro di questa musica ed il sound ci restituisce perfettamente la loro devastante carica on stage come se fossero magicamente ritornati negli anni sessanta in una capsula del tempo.
L’urgenza e l’entusiasmo che permeano ogni nota ed ogni riff di chitarra di ogni singolo brano di questo disco hanno realmente dell’incredibile, se poi si considera che i componenti (originali come Jerry Roslie, Larry Parypa e Rob Lind supportati dalla potente sezione ritmica di Freddie Denis –Kingsmen- e Dusty Watson –Dick Dale, Agent Orange-) hanno un’età media di oltre settant’anni bisogna ascoltare attentamente il disco per capacitarsi dell’unicità di un ritorno come questo.   
This is the real ROCK’N’ROLL! 



Reverberend

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