Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

mercoledì 4 gennaio 2017

THE COAL MEN - Pushed To The Side
(CD Vaskaleedez Records)


Non conoscevo per nulla questa band ma sapevo che l’attento magazine americano NO DEPRESSION ne aveva decantato le doti quindi ho drizzato le antenne ed eccomi qui dopo svariati ascolti a condividerne tutto il bene possibile.
I COALMEN hanno esordito con Escalator’s nel 2013 ma sinceramente è un disco che non ha niente a che fare con quello che potete trovare in questo secondo sophomore album.
Non è un brutto disco il loro esordio ma è veramente diverso e per nulla identificativo del potenziale di questi arguti musicisti. Profondamente americani.
In questo Pushed To The Side i suoni sono ridotti all’osso, più intimi e confortevoli che nel suo predecessore: ne guadagna senza dubbio la splendida voce del leader Dave Coleman, più profonda e struggente ma anche il suono sfuggente e spesso twangy delle chitarre, quasi sospese, che si appoggia in maniera magistrale su di u n delicato tessuto country-roots con inflessioni anni cinquanta e spesso in toni down tempo e seppiati.
Si parla di mini storie di vita di provincia americana vissuta come Willy Jett, Lilly Hurst, Travis; tenui ballate che si infiltrano nella tradizione roots country più pura ma con un tocco fluttuante alla Daniel Lanois, come intime confessioni a cuore aperto.
Pushed To The Side sembra proprio una jam con un CHRIS ISAAK in slow motion alla chitarra e il fantasma del più ispirato TONY JOE WHITE alla voce con la polvere del deserto che impasta a dovere le note.
Poi, a volte, è il rock più sanguigno che fa’ capolino tra una ballata e l’altra; è questo l’esempio dell’egregia The Payoff  energetica e sicura in un territorio roots perfetto e con i piedi per terra.
Certo c’è anche lo spettro dei migliori e più onirici COWBOY JUNKIES in tante atmosfere di questo Pushed To The Side ma sono diluite in un contesto più tradizionale.
In questi suoni non c’è disperazione, non si arriva mai al punto di non ritorno ma è presente molta malinconia per qualcosa che è andato storto, un qualcosa di intrinsecamente legato al territorio, all’America rurale.
Si respira l’aria di motel ai margini del deserto, di roulottes semovibili ai margini delle highways e delle strade blu, quelle meno conosciute e battute.
Il riverbero costante sembra provenire dalle magiche mani del migliore MARK RIBOT o dalle corde spacey di BILL FRISELL: la scuola è quella ma Dave Coleman ha un suo stile peculiare e melodico che non deve nulla a nessuno, che ha imparato respirando l’aria del grande nulla, dello spirito più libero dei territori americani più incontaminati e meno esposti.
Un tesoro da custodire con cura e dedizione, proprio come le accelerazioni di Speeding Like a Demon; un grezzo diamante sepolto che sembra uscito da una tomba chiusa ermeticamente negli anni cinquanta.
Già, l’America più pura, quella che ha creato il mito che non morirà mai, libero e selvaggio che continua ad alimentare le musiche della nostra più fervida immaginazione.
E noi non aspettiamo altro che imbatterci, per caso, in bands favolose come questi COALMEN che vanno e vengono come il vento che inghiottisce tutto e seppellisce anche i tesori più nascosti.
In attesa di essere riscoperti a distanza di tempo… Da ascolatre a nastro…

C’era una volta il west…

Reverberend

Nessun commento:

Posta un commento