Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

mercoledì 20 luglio 2016

LUNAR DUNES - Galaxsea
(CD 4 Zero Records)


Ad essere completamente sincero mi sono imbattuto in questo gioiello per puro caso: il bello della tecnologia è che succedono anche cose piacevoli come questa!
Beh, sono rimasto attonito dalla bellezza dei brani ed al tempo stesso dalla sua difficoltà di catalogazione: due caratteristiche non proprio comuni oggigiorno (a proposito, il disco in questione è uscito nel 2011, ma non era possibile non parlarne considerato che nessuno l’aveva fatto all’epoca!!!).
Ho scoperto che dietro a tutto questo progetto c’è Lee Hamilton, ovvero il percussionista dei Transglobal Underground (con, tra gli altri, Natacha Atlas), classe 1958, musicista di esperienza che travalica stupide divisioni inter-generis.
Oriental Pacific, l’opener, è una dolce ninna-nanna in vellutata salsa Krauta, tenera ed oppiacea, con riverberi ed echi che si perdono in un mare di stratificazioni melliflue.
Oh You Strange Tune, sommersa da echi dub e propulsioni armoniose splendidamente sovrapposte, ci accompagna tra le dune lunari della loro sigla: mi ha vagamente ricordato le pagine più avventurose degli inglesi, non allineati, Moonshake (i primi).
Pharoas Dream dalla ritmica quasi drum & bass è sinuosa e sostenuta ma priva di agganci alle altre sonorità del periodo: sospesa come in assenza di gravità!
I gorgheggi orientali, dapprima insistenti, nella delicatezza di Aya si perdono nella serrata ritmica percussiva e nelle lame elettriche di chitarre sino al dissolvimento.
La lunga Svalbard , semi-acustica, con sussurri vocali e tappeto di tablas che sospingono le note in un labirinto malinconico e riflessivo con l’innesto di sincroniche e circolari sovrapposizioni dissonanti raggiunge lo zenith emotivo e si spinge oltre con un sensuale ed obliquo sax che accarezza la luna.
L’ipnotico basso di Free To Do accompagna le escursioni spacey della chitarra e le contrazioni vocali in un oppiaceo profumo di oriente che ci rapisce completamente nei delicati richiami di Eastern Promise dove spezie di sax-free e cascate di note notturne e salmodianti danno luogo a visioni mistiche di inusitato splendore sino all’oasi di piacere generata dall’incontaminata bellezza di Off World Beacon.
Dopo aver ascoltato un disco del genere si possono fare tante considerazioni sul fatto che praticamente nessuno ne ha mai parlato: semplicemente non è ammissibile che degli appassionati di musica manchino l’incontro fatale con un progetto così affascinante e misterioso.
Pura poesia da universi paralleli: oggetto fluttuante non identificato.


                                                           Reverberend 

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