Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

mercoledì 20 luglio 2016

THE LITTER - Emerge
(CD Purple Pyramid / Cleopatra Records)


I Litter sono nati dalle ceneri di due popolari bands di Minneapolis: i Victors ed i The Tabs, nell’anno di grazia 1966!
Un po’ come tutte le bands di quel periodo sono stati influenzati pesantemente dalla Bristish Invasion come si evince dall’immortale loro primo singolo, realizzato alla fine di quell’infuocato anno, Action Woman / A Legal Matter (incredibile hit nell’olimpo del garage-punk per l’eternità).
Nell’estate del 1967 hanno realizzato il loro primo splendido album Distortions sulla stessa lunghezza d’onda e poi, nel 1968, $100 Fine che induriva il suono in direzione freakbeat / pre-hard.
Il loro vero e proprio capolavoro, il primo con una major (ABC / Probe Records) e con una formazione stabile che faceva davvero scintille è indubbiamente Emerge, realizzato nel 1969 e decisamente orientato verso territori più duri e diretti, meno influenzato dalle pur bellissime renditions come I’m a man (brano firmato da Bo Diddley e hit R&B datato 1955), Hey Joe (ricordata la versione di Jimi Hendrix anche se i Leaves in precedenza, 1965, l’avevano registrata con il titolo di Hey Joe, Where You Gonna Go in una versione decisamnete più folk-rock) e ricordiamo anche gli oltre nove minuti ad alto voltaggio di She’s Not Here di Rod Argent presenti nel secondo album pocanzi citato.
Il suono dei Litter da questo momento si evolve verso forme più libere di spaziare in territori free-form-acid-proto-hard-rock più in linea con quanto stavano facendo anche i fantastici Cream sull’altra sponda dell’Atlantico ed i Blue Cheer che ponevano solide basi di tutto ciò che è venuto dopo in ambito di rock duro.
L’inizio con Journeys è uno shock: una spirale progressiva con la voce stridula e gracchiante di Mark Gallagher e prolungate note con acidi assoli di Ray Melina a dominare le danze seguiti da un iperbolico fuzz-bass (Jim Kane) e dagli incessanti cambi di ritmo di Tom Murray sempre all’altezza della situazione, anche nella dirompente Feeling, complessa e feroce!
Silly People inizia dolce e jazzata con voce epica e melodiosa che ci trasporta in un bellissimo excursus dagli echi più europei e progressivi sino all’assolo centrale che spalanca le porte ad un suono più duro e deciso.
Blue Ice si apre a suoni tipici di ciò che stava accadendo a Detroit, nei quartieri più degradati, con band tipo i Third Power che, nello stesso periodo, stavano preparando il loro capolavoro Believe (uscito su Vanguard Records nel 1970) con simili coordinate.
For What It’s Worth, firmata da Steven Stills con i suoi Buffalo Springfield, in questa occasione è molto più acida e dinamica senza però perdere nulla della stupenda melodia che l’ha resa immortale.
Si prosegue con una sontuosa e tirata cover di Little Red Book (originariamente firmata da Burt Bacharach ed in seguito filtrata dall’incatalogabile tocco di Arthur Lee e dei suoi magnifici Love).
Il libero e magico volo e l’abbattimento di ogni confine sino ad allora noto raggiungono la loro forma compiuta negli abbondanti dodici minuti di Future Of The Past dilatati abilmente da sconvolgimenti elettrici e continui cambi di tempo che ci disorientano e catapultano in un colorato mosaico lisergico: in questo lungo brano tutti i componenti della band danno il loro meglio compreso l’assolo di batteria in stile Ginger Baker.
On Our Minds è l’unica bonus-track, posta in chiusura, presa da un singolo dell’epoca ed è un perfetto esempio di heavy-psychedelia.
Emerge, un disco oggi considerato un classico ma per molti ancora poco noto che merita tutta la vostra attenzione!


                                                              Reverberend

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