Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

sabato 3 dicembre 2016

SPIRITUS MORTIS - The Year Is One
(CD Svart Records)


Sollecitato dal buon Reverberend a scrivere di questo cd, devo iniziare con il fare ammenda: pur essendo The Year Is One il loro quarto disco, non ho mai approfondito come avrei dovuto il loro lavoro. Forse perchè pensavo che la presenza di Sami Hynninen alla voce li ponesse nella categoria degli epigoni in minore di Reverend Bizarre e Lord Vicar, nei quali il cantante ha militato in passato. Che errore marchiano, ho fatto! Io, poi, che mi firmo von Doom…
Bene, dopo avere svuotato il posacenere stracolmo sulla mia inutile crapa, ed aver recuperato la dignità con una full immersion dei loro dischi, eccomi pronto a scrivere di questo masterpiece.
Avvolto in una copertina che dire bella è poco (si tratta di un particolare dal dipinto Il Naufragio Della Speranza di Caspar David Friedrich, pittore romantico e DOOM da morire), questo album è uno dei vertici assoluti in campo metallico, e non solo, di questo 2016.
Con The Year Is One, i finlandesi hanno realizzato uno stupefacente tour le cui tappe toccano praticamente tutti i sotto-generi del doom: dal classico, all’epico e all’occulto; il tutto però, mantenendo una coesione ed un’ispirazione elevatissime. In quanti possono vantarsi di questo, in un ambito statico come questo? Ben pochi, miei cari, ben pochi.
L’opener Robe Of Ectoplasm è una bomba che ricorda le prime cose dei Grand Magus: un corpo hard rock che contiene uno spirito doom immacolato, perfetta per iniziare le danze. Se poi volessimo istituire il premio Canzone Doom dell’Anno, la seguente I Am A Name On Your Funeral Wreath potrebbe vincerlo: la voce di Sami sembra miracolosamente prendere le sembianze di Scott Reagers e il suono pesante e ferale rimanda appunto ai migliori Saint Vitus. Si chiama PERFEZIONE, e ogni volta che la sento me ne convinco di più.
Con Babalon Working cambiamo ancora atmosfera e ci dirigiamo verso lidi limacciosi che una volta erano la forza di una band indimenticabile come i Solitude Aeternus: pesanti si, ma anche melodici ed evocativi. Altra meraviglia, signori, è Jesus Christ, Son Of Satan; esattamente a metà strada tra i Black Sabbath ed i Cathedral.
E a questo punto potrei anche smettere di pigiare sui tasti, tanto già adesso questo disco si merita l’adorazione eterna di ogni doomster che si rispetti. Ma mica finisce qui…
Holiday In A Cemetary si rivolge di nuovo ai Saint Vitus, con una performance di Hynninen superlativa, mentre narra di necrofilia ed altre prelibatezze.  World Of No Light ci trasporta invece in un clima epico, memore della lezione dei Pallbearer e dei Warning. Ma la cosa davvero impressionante è che, nonostante tutto il name-dropping che ho sciorinato finora, la personalità degli Spiritus Mortis appare vivida e convincente, grazie ad una capacità di scrittura incredibile ed efficacissima. Prova ne sia che i 53 minuti di durata del disco scorrono via che quasi non ci si accorge, e in questo genere succede solo con i capolavori, punto e basta.
Rimarchevole, poi, la crescita di Sami Hynninen come cantante: non lo ricordavo così efficace nei lavori precedenti con i Reverend Bizarre. Chapeau!
Nota di merito (sarebbe meglio una lode, va..) ai chitarristi Jussi Maijala e Kari Lavila, i cui riff si susseguono incessantemente senza un attimo di cedimento, con grande gusto e raffinatezza, e i solismi non sono mai a sproposito e perfettamente inseriti nell’economia dei brani.
Ognuno la pensi come vuole, ma per il sottoscritto in cima all’Olimpo Doom quest’anno ci sono gli Spiritus Mortis e pochi altri.

Disco semplicemente INDISPENSABILE.

Edvard von Doom

Nessun commento:

Posta un commento