Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

domenica 24 luglio 2016

THE SHELTERS - The Shelters
(CD Warner Bros. Records)


Spesso dietro ad ogni band c’è una storia romantica ed avventurosa che ne crea un hype spesso nettamente sopra ad ogni concreta aspettativa: la storia degli Shelters è iniziata quando Josh Jove e Chase Simpson sono stati coinvolti a contribuire alle registrazioni di Hypnotic Eye, ultimo album accreditato a Tom Petty!
Poi Tom Petty ha assistito ad un loro show in quel di L.A. e ne è rimasto talmente impressionato che ne ha voluto produrre l’E.P. di debutto ed anche questo primo intero album che esce nientemeno che per il colosso Warner Bros..
Inutile dire che le aspettative sono davvero alte per loro.
Già da Rebel Heart, ovvero l’opener dell’omonimo debutto, si intuisce la caratura della band con un jingle-jangle di Byrdsiana memoria riesce ad imbastire delle melodie irresistibilmente catchy e perfettamente in linea con quanto creato nei momenti migliori della carriera dal loro mentore Tom Petty.
Un suono certamente debitore di tanti riferimenti al passato, dai già citati Byrds ai Kinks della splendida cover, l’unica presente (Nothin’ In The World Can Stop Me Worryn’ Bout That Girl direttamente da Kinda Kinks secondo splendido album della band inglese targato 1965!) tra i tredici brani che compongono The Shelters, per arrivare agli immancabili Stones e Who degli anni settanta.
Insomma un suono vintage, sicuro e di presa immediata (tra le melodie anthemiche di Birdwatching ,Liar o le sinuose escursioni elettriche ed elettro-acustiche della psychedelica Surely Burn non c’è che l’imbarazzo della scelta) con una voce nitida e strafottente e le chitarre sempre in primo piano nella più solida tradizione rock’n’roll americana.
Per rimanere più vicino a noi temporalmente provate ad immaginare un riuscitissimo incrocio deragliante tra gli Strokes del primo e migliore Is This It ed i Black Keys freschi e dirompenti, oggi purtroppo irrimediabilmente persi, di Rubber Factory del lontano 2004.
Davvero difficile trovare alcun difetto in questo FOLGORANTE debutto, meglio godere di ogni singolo istante di tanta grazia.
Memorabile anche la meditabonda e rallentata melodia della ballata, dapprima semi-acustica, The Ghost Is Gone che poi sfocia in controllate esplosioni elettriche davvero travolgenti ed il sogno continua per cinque minuti e quarantaquattro secondi di pura magia.
L’evocativa e sentimentale Gold prosegue sulle ali di melodie perfette con la voce che si incastra tra gli arpeggi sapientemente riverberati ed il mid-tempo metronomico che ne accompagna il cammino in terre ora anglosassoni, nuovamente di Kinksiana memoria.
Si salta poi sul treno impazzito di fremente rock di Never Look Behind Ya veloce e saltellante come la ritmica che ne decreta la direzione ed il punto di arrivo da ricercare in certe cose degli anni ottanta, questa volta, ma quelli buoni del migliore sound di terra albionica.
Come non rimanere incantati di fronte alla fiaba pop-psychedlica in technicolors di Dandelion Bridge, delicata e sognante, tra gli arpeggi acustici in punta di dita e le melodie scolpite magistralmente.
Insomma davvero una continua sorpresa che non ci abbandona sino alla finale Down dove l’inappuntabile refrain rimane impresso in maniera definitiva nella memoria.
Il disco si chiude nella maniera migliore tra le spumeggianti onde ed i ricordi del migliore surf-strumentale di inizio anni sessanta con la traccia nascosta che, se ce ne fosse ancora bosogno, sottolinea la linea netta che tiene i quattro ragazzi ancorati ad un glorioso passato ma con i piedi ben piantati nel mondo moderno.
Ora la band sta’ accompagnando, come opener, i Mudcrutch di Tom Petty in tour promozionale per il loro 2.


Ne risentirete parlare, credetemi!!


Reverberend

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