Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

venerdì 9 dicembre 2016

THE FRIGHTNRS - Nothing More To Say
(CD Daptone Records)


C’è stato un periodo, fine anni ottanta, nel quale il sottoscritto, ogni qualvolta gli fosse possibile, girava tutti gli anfratti londinesi alla ricerca di dischi rocksteady, bluebeat, ska e ciò che gravitava intorno al mondo degli original skins (nulla a che fare con gli skinhead figli degli anni settanta e del punk di la’ da venire): quindi tutta musica giamaicana o inglese della prima metà degli anni sessanta e oltre.
Beh, non immaginate quanto ben di Dio ci sia nascosto in generi apparentemente dai più non considerati cool ma invece veramente sorprendenti.
Oltre al noto negozio DADDY KOOL, ricordo in Soho, che si andava a cercare dischi, giuro, all’entrata di un bordello dove il giovedì pomeriggio arrivavano dei loschi figuri ultra tatuati che esponevano delle cassette di legno zeppe di sconosciuti capolavori che arrivavano da chissa’ dove e forse era proprio meglio non chiederselo.
Non parlo solo di nomi molto noti come KEN BOOTHE o DESMOND DEKKER (che tra l’altro ho visto a Londra al mitico ASTORIA THEATRE con i TROJANS del grande GAZ MAYALL, figlio di JOHN MAYALL, e MAROON TOWN nel 1987) ma anche di tutto un sottobosco di band meno note ma seminali come per esempio i leggendari SIMARYP di SKINHEAD MOONSTOMP, i PARAGONS o il grandissimo ALTON ELLIS soltanto per citarne alcuni.
Immaginate il mio stupore durante l’ascolto di questo straordinario disco assolutamente fuori dal tempo, da ogni tempo.
I FRIGHTNRS erano (hanno perso il loro FORMIDABILE cantante DAN KLEIN a causa di una malattia degenerativa che lo ha letteralmente stroncato nel giugno di quest’anno!) una formazione che poteva far invidia ai migliori originali dell’epoca d’oro se mai ce n’è stata una.
Una voce struggente e incredibile (per farvi capire meglio siamo dalle parti di Live Good di KEN BOOTHE per il sottoscritto uno dei brani più belli di sempre) integrata in una miscela sonora realmente inappuntabile con ritmi in levare e melodie inarrivabili.
Si fatica a credere che una band del genere possa esistere nella nostra contemporaneità.
I suoni e i brani, la bravura di questi quattro rude boys lasciano a bocca aperta: si rischia davvero di cadere nella più trita nostalgia ma, oggi, è davvero impossibile pensare che possa esistere una band così. Eppure Nothing More To Say  è stato registrato per dimostrare esattamente il contrario ovvero che tutto è possibile quando la passione e la voglia sono le prime priorità. La voglia e la costanza necessarie per raggiungere un sogno apparentemente assurdo e forse persino stupido agli occhi della maggioranza silenziosa.
Commoventi brani come What Have I Done o Purple (quest’ultimo, non so’ spiegarmi il motivo ma mi ha ricordato tanto un formidabile disco di PHILLIS DILLON , One Life To Live, uscito per la DUKE REID REC. del giro TREASURE ISLE, un po’ come dire le sorelle minori di STUDIO ONE e COXSONE REC.).
Come resistere all’andamento killer di Trouble In Here, con tanto di assolo centrale di armonica, e non lasciarsi andare e stramazzare sul dancefloor con tutti gli altri all-nighters ballando spalla a spalla!
Quante emozioni ascoltando Till Then (certo per me rimane anche il ricordo incredibilmente vivido di un amico, Berny, che non è più con noi) con la voce che si alza verso il cielo verso un mondo migliore.

Una scelta di cuore, controcorrente e difficile ma non impossibile.

Reverberend

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