Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

giovedì 26 gennaio 2017

CANTIQUE LÉPREUX – Cendres Célestes
(CD Eisenwald Tonschmiede)


Una delle poche cose positive dell’anno da poco trapassato è stata la conferma dell’altissima qualità della scena black metal del Québéc, ovvero, per dirla con parole loro, del Métal Noir Québécois. Oltre alle notevoli conferme dei veterani Forteresse, Sorcier Des Glaces e Neige Et Noirceur, va assolutamente segnalato questo lavoro di esordio dei Cantique Lépreux, per i tipi della tedesca Eisenwald Tonschmiede (già sugli scudi per acts del calibro di Uada, Fluisteraas e Grimoire, tra gli altri). Composto da Blanc Feu a chitarra e voce, Cadavre alla batteria e Matrak Tveskaeg al basso, tutti con precedenti esperienze in altre bands del Québéc; il gruppo ci regala davvero una pietra miliare del genere.
Cendres Célestes colpisce fin dalla copertina, avvolta in un glaciale colore bianco che inevitabilmente rimanda alle nevi ed ai ghiacci del loro paese, con un dipinto inquietante che rappresenta al meglio la musica contenuta all’interno: una luminescente colonna biancastra si erge tra gli alberi di un’immota ed impenetrabile foresta, avvolta da misteriose particelle sospese nell’aria notturna (le ceneri celesti?).
Spasmodicamente atteso dai fan, come il sottoscritto, che hanno divorato le scarne anticipazioni che lo hanno preceduto, Cendres Célestes è un capolavoro. “Oblitérés par la blancheur / il n’est pas certain / que nous renaissons”, recitano nella fatalista Transis, e tutto il disco è percorso da un’atmosfera cupa e disperata; la voce rabbiosa di Blanc Feu e il colore del suono dei Cantique Lépreux trascinano in un gorgo riverberante che porta dritti all’apocalisse. Una delle peculiarità più interessanti del gruppo è quella di riuscire ad essere feroci ed aggressivi, ma contemporaneamente malinconici ed evocativi.
I riff sono maestosi e possenti e si insinuano subdolamente nelle nostre menti per non uscirne più, come nella stupenda La Meute, ma tutto l’insieme è (se mi passate l’azzardo) argenteo e spettrale insieme. Notevole il lavoro della sezione ritmica, che non si appoggia pedissequamente al classico blast-beat ma riesce comunque ad essere violenta, trascinante e fornisce un supporto magnifico al guitar work di Blanc Feu: a tratti quasi etereo nella sua grazia e subito dopo agghiacciante e gelido.
Ogni brano di Cendres Célestes merita la vostra attenzione (la sublime Tourments des Limbes Glacials, la nerissima Le Mangeur d’Os) perchè i Cantique Lépreux, nonostante le evidenti influenze che arrivano dalle bands fondamentali degli anni ’90, hanno una cifra stilistica personale affascinante e potenzialmente in grado di dare risultati clamorosi.
Al momento è disponibile solo nel formato cd (la tiratura in cassetta è già esaurita da tempo), ma si parla di una versione in vinile to be announced.
Non vedo l’ora di metterci le mani sopra. Da non perdere.

Edvard von Doom

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