Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

domenica 15 gennaio 2017

EPHEMERNIA - ...And In The Morning There Were None
(DL autoproduzione)


Ogni inizio d’anno mi domando sempre quale sarà il primo disco che ascolterò. Non in senso generale, intendo un disco che rechi la data del nuovo anno in copertina. Di chi sarà? Di che genere? Allegro o triste? Bello o brutto? Una volta quest’ultimo dilemma non si sarebbe posto: un disco dovevo comprarlo, mica ne sceglievo uno brutto. Ma questi sono tempi digitali, ed oggi un disco puoi sentirlo senza acquistarlo, e gli ascolti deludenti e (per forza) superficiali, sono aumentati a dismisura. Però, questa sorta di imprinting che il primo disco dell’anno appone ai successivi, per me, ha ancora la sua importanza. Un po’ come la partenza condiziona il viaggio a venire.
Il 2017 è iniziato con questo lavoro pubblicato il 5 gennaio, disponibile solo in digitale (segno dei tempi, appunto) degli Ephemernia; finlandesi di Espoo e qui al loro esordio assoluto.
…And In The Morning There Were None è un ottimo auspicio per il nuovo anno (ehm), nel senso che mi ha molto incuriosito e stimolato, e se il buon giorno si vede dal mattino…
Niente di nuovo sotto il Cielo, intendiamoci, e certo non privo dei difetti direi classici di un gruppo esordiente. Però, pur con le ingenuità e le necessarie messe a punto da sottolineare, è un lavoro a suo modo coraggioso e aperto alle contaminazioni. Molto interessante.
The Humongous Vastness Of Mind è una evocativa e triste introduzione per la successiva Somewhere Between Euphoria And Apathy che mostra invece il lato più aggressivo del gruppo, con un andamento death/doom rallentato e oppressivo, con tanto di growl. Le fonti di ispirazione sono innumerevoli, certo, e si sentono: Katatonia in primis e anche gli Opeth più scuri, con una dose abbondante di spleen scandinavo. Le successive Best Memories, Heaviest Tears e Illusions (divisa in due sezioni) cambiano le carte in tavola; le atmosfere si fanno più progressive, in alcuni momenti sembra di sentire un gruppo apocalyptic folk che ha preso una sbandata doom, e ci si ritrova negli anni ’80 del post punk più dark.
August Burns To Dusk prosegue nel solco delle precedenti, affinando l’amalgama dei suoni che portano alla conclusiva, e davvero bellissima, The Last Reminiscence Of Life: 10 minuti e mezzo di meraviglia. Come dei Fields Of The Nephilim sciolti in un brumoso liquido death/doom/post-rock.

Insomma, di idee gli Ephemernia ne hanno parecchie. A livello di songwriting devono crescere ancora, ovvio, e necessitano sicuramente di maggiore esperienza e migliore produzione; ma se svilupperanno con creatività le buonissime idee che già si trovano in questo lavoro, faranno ottime cose. Per intanto mi godo il paradosso che un disco assolutamente triste come questo sia un inizio felice per il 2017. Strange things are always happening…

Edvard von Doom

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