Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

mercoledì 30 novembre 2016

HÉLÈNE GRIMAUD – Water
(CD/LP Deutsche Grammophon)


Musicista di vaglia e artista dai molti talenti (non ultimo quello di apprezzata scrittrice), fondatrice del Wolf Conservation Center per la salvaguardia dei suoi amati lupi e dell’ambiente naturale tout court; Hélène Grimaud continua ad affascinare i suoi ammiratori anche con questo ultimo lavoro, uscito a febbraio di quest’anno. La quarantaseienne pianista francese (ma davvero cittadina del mondo), universalmente acclamata per le sue interpretazioni di Chopin, Brahms e Rachmaninov, questa volta propone un’opera, interamente registrata dal vivo; che è stata oggetto di varie performance, il cui tema portante è, come dice il titolo, l’acqua.
Si tratta di una raccolta di brani per pianoforte dove l’acqua ed il simbolismo che essa si porta appresso fungono da trave concettualmente portante. Ad accompagnarla in questo disco troviamo il compositore anglo-indiano Nitin Sawhney (anche come produttore): la sua funzione è quella di intervallare i brani interpretati dalla Grimaud con delle improvvisazioni elettroniche denominate Transitions. Ma andiamo con ordine. Le composizioni scelte dalla bella pianista (a proposito: lo sapevate che le copertine dei suoi dischi rivaleggiano con quelle delle più famose popstar, iconograficamente parlando?) spaziano dal classicissimo Jeux d’Eau di Maurice Ravel a Wasserklavier di Luciano Berio a Barcarolle di Gabriel Fauré; in tutti i brani l’acqua non rappresenta solo se stessa ma anche i concetti di flusso, movimento, metamorfosi e incatturabilità. Un pezzo come Almeria di Albeniz, per dire, ha in sé “l’ondulazione ritmica che rispecchia la vita, scandita dal mare, della popolazione di quella città costiera” (parole sue).
E potremmo anche dire che una delle idee più accattivanti, che stanno dietro al concetto di acqua, è la sua capacità di cambiare stato: come spiegare sennò la presenza di quel capolavoro che è In The Mists (Nelle Nebbie) di Janaček?
Dicevamo prima delle Transitions di Nitin Sawhney: invero parrebbero non centrare nulla con le altre composizioni, ma la loro presenza è quasi una necessità. Immaginatevi di passare da una stanza all’altra di un fantastico palazzo: i brani sono le varie stanze, le transizioni potrebbero essere i corridoi. Ma, per rimanere in tema acquatico, mi piace pensare che si tratti di una specie di bagno purificatore, un liquido amniotico attraverso il quale purificarsi prima della nuova esperienza che ci attende. In ogni caso, l’insieme del tutto è rapinoso e affascinante.
A conti fatti, è l’ennesima sfida (vinta, va da sé) di un’artista che non è mai scesa a compromessi e si è sempre esposta in prima persona con le sue scelte di repertorio e di vita, che non ha mai guardato in faccia a nessuno e ha sempre detto ciò che pensa. Memorabile, in proposito, la volta in cui ha mandato allegramente a quel paese quel vecchio trombone intoccabile di Abbado, reo di non volerle far suonare la cadenza di pianoforte da lei scelta, per un concerto di Beethoven! Pochi avrebbero avuto il coraggio di contraddire il venerato Maestro…
Da gennaio 2017 la vedremo nuovamente al fianco della violoncellista Sol Gabetta per una serie di concerti con musiche di Pärt, Schumann, Debussy e (non manca mai!) Brahms.
Altre magie ci attendono…

Edvard von Doom

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