Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

giovedì 17 novembre 2016

LE ONDE ELETTRICHE DEI MISTICI MODERNI

Nel marasma del modernismo globalizzato nel quale ci troviamo può succedere che nascano cose intrinsecamente interessanti come, per esempio, degli ibridi musicali pensati dalla generazione che meglio riesce ad assorbire ed interpretare tutti gli innumerevoli input che la nostra epoca offre.
I giovani di oggi riescono, di fronte alla disponibilità pressochè totale di un oceano di musica, a pescare a piene mani dal passato inserendo perfettamente ogni intuizione in un contesto decisamente attuale.
Probabilmente hanno dalla loro parte la consapevolezza di poter/dover assorbire tutto lo scibile musicale, come del resto qualsiasi altra cosa, con una velocità diversa dettata principalmente dall’avvento di una tecnologia (il world wide web o più comunemente la rete) che permette sempre il qui ed ora con una simultaneità sino ad oggi sconosciuta.
Ad onor del vero, sarà per la mia età (quest’anno sono cinquanta), ma ho sempre, sino ad ora, mal sopportato il melting pot di vari generi (anche se a tempo debito, anni novanta, mi ero appassionato a certo crossover fuori dagli schemi) soprattutto se in questi sono presenti, in ogni possibile forma, i miei amati sixties: preferivo le bands filologiche perché nulla poteva essere meglio di quanto fatto in quella magica epoca ed era quindi inutile pensare di attualizzare una formula senza tempo!!
Beh, oggi sono cambiato forse anche a causa di quanto appena esposto, quindi ho iniziato ad ascoltare in maniera più flessibile quanto per me una volta non era fondamentalmente concepibile a causa della mia ristrettezza mentale, devo ammetterlo.
Tutto il mercato indipendente è stato certamente smosso, negli ultimi dieci anni, da figure centrali e pionieristiche come quelle del giovane Ty Segall (nato a Laguna Beach, USA nel 1987) che è ormai giunto al suo ottavo (?!?) album e del più attempato John Dwyer con i suoi Oh Sees (gli albums sono dieci ad oggi!!) ed i suoi progetti paralleli dove tutti i generi vengono mischiati e fagocitati, seguendo il loro background fatto di ascolti dei più disparati (tipici della generazione dell’immediata disponibilità totale o, se preferite, dell’usa e getta) che si traspongono nel loro percorso musicale ed artistico: lo specchio dei tempi moderni.
E’ così che anche tutti i generi musicali noti (siano essi garage, psychedelia, new wave, punk, post-punk….) hanno progressivamente assunto connotazioni differenti in funzione di una rinnovata attitudine al, diciamo così, meticciato.
Il primo colpo di fulmine istantaneo mi era successo, ricordo nitidamente, con l’ascolto dei Crystal Stilts, bands di Brooklyn (New York) dedita ad una formula molto interessante di ibridazione sonora.


Formatisi nel 2003 hanno esordito sulla lunga distanza soltanto nel 2008 con Alight Of Night, ovvero un esordio che amalgamava con disinvoltura sonorità ricche di reminiscenze debritrici dei Joy Division di Unknown Pleasures  (in primis la profonda voce di Brad Hargett, il carismatico leader) con l’aggiunta di echi e distorsioni chitarristiche di pura marca Jesus & Mary Chain (Psychocandy, naturalmente), ritmiche sempre cadenzate e melodie completamente immerse in un climax sixties in rigorosa bassa fedeltà.
Il successivo In Love With Oblivion del 2011 prosegue egregiamente sulla stessa linea muovendosi maggiormente in direzione pop! Con il terzo Nature Noir del 2013 hanno immesso, nel già poliedrico sound, anche marcate influenze di Byrds con un frequente uso del caratteristico jingle-jangle che li vede orientati verso lidi folk-rock ed un suono più pulito senza perdere nulla in freschezza.

Onestamente non sono mai andato a cercare bands simili a loro sino a quando mi è casualmente capitato di comprare Relax, secondo splendido album degli Holy Wave nel 2014.

Gli Holy Wave provengono dal giro di Austin legato alla Reverberation Appreciation Society (la loro etichetta discografica) ed ai più noti Black Angels. Anche loro sono un bellissimo ibrido di new wave (quella buona degli anni novanta che parte da certe cose di scuola 4AD ed arriva a lambire certo math-rock più morbido), fortissimi echi sixties, soprattutto per quanto riguarda le melodie e le parti vocali, che rimandano direttamente a quel magico periodo, la ritmica più orientata verso una metronomica matrice di origine krauta anni settanta e certo punk, primi anni ottanta, non scalfito ancora da nessun spasmo hardcore.
Con il nuovo Freaks Of Nurtur, il loro flessuoso sound ha spiccato il volo verso lidi ad alto tasso allucinogeno perfettamente riscontrabile già dall’opener She Put a Seed In My Ear, leggiadra e sicura con ritmica sincopata e voce altamente evocativa.
L’indimenticabile melodia catchy di Western Playland si incolla in maniera indissolubile nella nostra memoria e ci accompagna alla successiva, dai forti richiami di garage moderno, You Should Lie.
Come brano manifesto possiamo prendere California Took My Baby Away, dove un paesaggio sonoro lieve e delicato di chitarre dolcemente stratificate ci avvolge come una nebbiosa mattina sulla spiaggia e la voce armoniosamente intensa ci accarezza nel ricordo di memorie ancora nitide e presenti.
Un radioso futuro li attende se continueranno a svilupparsi in questa interessante direzione.
Dalla soleggiata California provengono invece i molto promettenti Levitation Room che con il loro primo album Ethos (che contiene quattro brani già precedentemente apparsi nel loro già riuscitissimo mini LP di esordio dell’anno scorso intitolato Minds Of Our Own) riescono a creare una splendida tessitura di soavi e sognanti atmosfere dreamgaze (vale a dire shoegaze iterativo ma dolce ed etereo) con profonde radici sixties immerse nella psychedelia più rarefatta con chitarre trattate e fluttuanti e melodie sempre sugli scudi.
Album che riesce in mezz’ora tirata, con forti inserimenti di garage, diluito in acidissime spirali di chitarra (Cosmic Flowers e la magnifica Loved), a non sbagliare un colpo inserendo brani moody da manuale come Reason Why o There Are No Words, quest’ultimo dai forti richiami dei migliori Seeds, con il fuzz egregiamente somministrato, nenie orientali come Plain To See, lenta e sognante, ed anche Till You Reach Your Last Breath e la finale Crystal Ball dove i delicati arpeggi di chitarra e la voce modulata e sensuale ci invitano ad entrare nel loro magico mondo catapultandoci in un caleidoscopio pazzamente colorato.


Ora si fa’ un salto a Melbourne (Australia) dove si sono formati i fantastici Murlocs, giovanissma band che ha assimilato perfettamente la lezione di conterranei maestri sixties come Master Apprentices (prendete come esempio l’immortale brano Wars Or Hands Of Time presente sul loro omonimo debutto datato 1967) e, vivendo nel presente, ha saputo diluire il suono in un molteplice gorgo di sinuosi riverberi zeppi di riferimenti anni novanta (new wave, post punk, punk, dream pop, shoegaze………..).
Questa band è veramente unica per attitudine e sicurezza dei propri mezzi: in loro la matrice garage / R & B è decisamente posta in evidenza (il suono è molto in linea con le produzioni del periodo 1965/1966) ma la vera particolarità è la voce di Ambrose Kenny-Smith, fragile ed infantile, con un trasporto ed una presenza così peculiari da ammaliare chiunque.
Anche nel loro caso le melodie hanno un’importanza cruciale; vedi gli illuminanti esempi distribuiti nei loro, ad oggi, due albums, ripettivamente Loopholes (2014) ed il nuovo Young Blindness (2016).
E’ un vero piacere lasciar scorrere brani come la sognante e sospesa Control Freaks , tra riverberi elettrici ed armonica avvolgente, come anche Paranoid Joy, completamente fuori dal tempo, persa in una dimensione psychedelica caratterizzata da innocenti visioni adolescenziali (entrambe tratte dal primo Loopholes).
Il recente Young Blindness li conferma a livelli di assoluta eccellenza, distribuendo le intuizioni dall’iniziale incalzante Happy Face, proseguendo con la cadenzata Young Blindness dove è la splendida voce filtrata a guidare le danze sino ad arrivare alla lenta ed ipnotica Rolling On, densa di aromi peace & love ed alla conclusiva Reassurance, più pop ed evocativa.
Rimanendo sempre nei dintorni di Melbourne e precisamente a Geelong non possiamo esimerci dal citare i Frowning Clouds che dalla posizione filologica del primo album del 2009 (Listen Closelier) contenente anche una fantastica cover di Do Like Me degli indimenticati Uncalled For, anno 1967, si sono progressivamente spostati tra le pieghe allucinogene del secondo album del 2013 (Whereabouts) sino ad arrivare, nel 2014, alla  perfetta deriva psychedelica del terzo Legalize Everything (il titolo dovrebbe rendere chiaro il concetto).
Tra le misteriose ed affascinanti “mille luci di New York” sono nati e cresciuti invece i Mistery Lights, vero e proprio oggetto non identificato catapultato nell’attuale panorama musicale odierno da una dimensione parallela.
Dopo un ancora acerbo debutto nel lontano 2009 (Teenage Catgirls And The Mistery Lightshow) ed un altrettanto acerbo seguito, disponibile esclusivamente in cassetta, nel 2015 (At Home With The Mistery Lights) sono approdati al recente e prodigioso manifesto rappresentato dall’omonimo terzo album ufficiale registrato totalmente in analogico nei vintage studio della Daptone Records, House of Soul!
Provate ad immaginare una band con un suono filologico (1965/1966) ma un’attitudine figlia del periodo post-punk migliore (Killing Joke in primis) o, se preferite immaginate una band come, per esempio, i succitati Killing Joke che realizza un album di covers dei Chocolate Watchband o Music Machine.
L’album in questione è una sorprendente summa del migliore garage punk odierno con un’attitudine angolare e spigolosa tipica di certo math-rock (Don Caballero), cosa ben udibile sin dalle iniziali squilibrate evoluzioni delle scorribande elettriche di Follow Me Home dove la performance del vocalist, chitarrista e frontman Mike Brandon è veramente strepitosa. Credetemi, nel genere tra le cose migliori oggi in circolazione.
Se volete trovare un’attualizzazione dei suoni che abbiamo amato ma che non appartengono più, per forza di cose, alla nostra epoca, potete senza timore di smentita, cercarla in nuove bands come quelle che ho provato a proporvi tra le tante che si muovono in questa direzione: l’unica possibile oggigiorno?
Certamente no, ma una valida alternativa per cercare di avere una visione ottimistica di ciò che ci attenderà!

Fabio Reverberend Avaro

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