Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

mercoledì 21 settembre 2016

GABOR SZABO - Dreams
(LP Skye Records)


A volte capita per puro caso di imbattersi in alcuni dischi e rimanerne immediatamente affascinati sino a non poter fare a meno di condividere tutta la bellezza che emanano con quanta più gente possibile.
Con GABOR SZABO ed in particolare con questo disco mi è capitato proprio così!
Di origine ungherese, affascinato dalla musica jazz sin dall’adolescenza, studia in America presso la prestigiosa Berklee School of Music di Boston e milita in seguito (dal 1961al 1965) nel quintetto di CHICO HAMILTON dove si fa letteralmente le ossa.
La sua capacità maggiore è quella di fondere, con la sua chitarra, in maniera assolutamente personale svariati stili musicali quali il jazz, il pop, il rock (l’uso misurato di feedback ed altri effetti tipici) e la musica tradizionale dell’Ungheria.
Proprio per questa sua peculiarità non venne (morì nel 1982) mai accettato completamente dai puristi ottusi del jazz classico.
Una figura di outsider quella di GABOR SZABO che, dopo aver registrato alcuni albums su IMPULSE! (i primi sei) fonda con CAL TJADER e GARY McFARLAND una propria etichetta (SKYE RECORDS) con la quale poter essere completamente indipendente.
Tra i primi frutti di questa coraggiosa scelta figura Dreams, del 1968, con il quale il protagonista fonde in maniera mirabile tutti gli stili che gli sono congeniali ottenendo un risultato esemplare!
La sua musica ha sempre un sapore malinconico e struggente (sentite Song Of The Injured Love, dove la progressione melodica ti tocca sino alle lacrime raggiungendo una giostra di arpeggi più gioiosi sospesi magicamente nel nulla) e la melodia colpisce per la sua perfetta semplicità frutto del genio nella sua più pura essenza (The Fortune Teller).
Quando poi, come nel caso dell’immensa The Lady Of The Moon, vero apice di un disco meraviglioso tutte le barriere vengono spontaneamente sciolte in virtù di un flusso sonoro che visita in maniera approfondita gli elementi principali della musica di tradizione ungherese (gipsy jazz?!?) che si fondono perfettamente con il jazz classico di quegli anni e con il miglior rock aperto (leggasi psychedelico, pensando al beatlesiano Revolver) i risultati emozionano come poche cose.
Al solito, una figura di culto come la sua è appannaggio di pochi appassionati, oggi come allora.
Non è importante di fronte a tanta bellezza, anzi.
Spero che queste mie poche parole siano uno stimolo, almeno per i pochi che le leggeranno, per conoscere un vero maestro, uno dei tanti, che la storia ingloriosamente ha inghiottito per sempre.
Buon ascolto miei cari.

Reverberend

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