Perché siamo degli appassionati terminali di musica e lettura, prima di tutto.

Di tutto ciò che è LIBERA espressione. In un’epoca come questa dove ogni cosa è a disposizione, libera appunto, ma senza alcun tipo di controllo o di filtro, quindi difficilmente raggiungibile senza una guida, senza una direzione.

Perché è da quando abbiamo preso possesso della ragione che non smettiamo di essere curiosi, di cercare cose nuove, meno note. Non ci fermiamo MAI, davanti a niente e nessuno.

Quindi, dopo aver letto l’ennesima testimonianza di prima mano da parte di gente che non sapeva nemmeno dove stava di casa (il riferimento è Journey To The Center Of The Cramps, ovvero la biografia dei mitici Cramps di Dick Porter recentemente tradotta in Italia dai ragazzi di Goodfellas) ma era sicura di quello che faceva, ovvero riportare a galla il suono più malato degli anni ’50, quello delle B-sides di rari ed innominabili 45 giri di rockabilly; e centrifugarlo con gli horror comics e il clima urbano e degradato della New York di metà anni settanta. Erano talmente convinti che, alla fine, hanno avuto ragione loro. In barba a tutti!

E così siamo anche noi. Non ci interessa minimamente, per il momento, avere un obiettivo preciso o, meglio, un punto di arrivo. Ci godiamo il viaggio. Vogliamo condividere i nostri soliti ed insoliti ascolti e letture (tutti, per noi, ineludibilmente da CINQUE STELLE e quasi irrimediabilmente PERDUTI) con quanta più gente possibile. Nel mare magnum indistinto della rete globale occorre più che mai una guida all’ascolto ed alla lettura. Occorrono punti fermi.

Proveremo ad essere un filtro, un catalizzatore magari; con i nostri punti di vista e la nostra attitudine proveremo a fare grandi passi, ad assicurarci le cose migliori che ci sono sul nostro pianeta (per gli altri, vedremo) anche in quest’epoca confusa e infelice.

Non è cosa da poco, lo sappiamo.

Se funzionerà saranno i lettori a dirlo, che sono liberi di criticare o suggerire quello che vogliono.

Allacciate le cinture, si parte.

GLI STELLARI

martedì 13 settembre 2016

NICK CAVE & THE BAD SEEDS - Skeleton Tree
(CD Bad Seed Ltd)


Lungamente atteso da me questo disco arrivato in un momento importante nella vita di un uomo maturo (22 settembre 1957, 58 anni), apparentemente in pace con se’ stesso ed il mondo, costretto a rifare il percorso a ritroso alla luce delle vicende private soprattutto legate alla morte del figlio Arthur, appena quindicenne, che è caduto / si è buttato da una scogliera (dopo aver preso l’lsd?, ma questo non è cruciale!).
Impossibile, naturalmente, scindere quanto accaduto dalla stesura temporalmente parallela dell’album in questione che arriva dopo Push The Sky Away (quindicesimo album della band - Bad Seeds -  pubblicato nel 2013 e ad oggi il più venduto della sua nutrita discografia).
In verità non sapevo proprio cosa aspettarmi: avrebbe potuto muoversi in direzioni differenti, estreme, disturbanti o richiudersi su se’stesso, con i suoi dolori, le sue confessioni a cuore aperto cercando uno spiraglio di luce in fondo al tunnel con il supporto della poesia, della musica dei suoi fans e della fede.
Già la fede, con la quale l’artista si è confrontato per tutta la sua vita da una parte all’altra del fiume della vita cercando di dare un senso a tutto, alla religione, alla necessità di credere in qualcosa (l’ombra di Soren Kierkegaard in questo percorso è piuttosto ingombrante).
Mentre scrivo sto’ riascoltando per la seconda volta soltanto, ripetutamente l’album in questione: già dalla cover si intuisce che tra le note di Skeleton Tree non c’è alcuna luce, non c’è speranza.
Si inizia con Jesus Alone e la voce profonda di Nick che recita sicura e possente su di un disturbante tappeto di sintetizzatori ed un sibilo elettronico che crea una melodia insidiosa e sinuosa allo stesso tempo che cerca di aggrapparsi a qualcosa, il ritmo è quasi assente ed un coro femminile è l’unica cosa che dona il calore necessario a cercare il coraggio di chiedere aiuto a qualcuno, qualcosa più grande della vita stessa.
Rings Of Saturn si appoggia nuovamente su di un labile tappeto elettronico sostenuto dal piano dalla melodia più positiva e le voci femminili che si sovrappongono a quella di Nick e l’accompagnano lungo tutto il brano.
Una melodia di piano eterea ed epica prende per mano la voce di Nick sin dall’inizio di Girl In Amber  che può contare solamente su di un contrappunto elettronico, una nota o poco più, e le voci femminili, sempre presenti che compaiono come lontane ombre e sottolineano il clima plumbeo del brano, splendido ed intenso come poche cose quest’anno.
Anche Magneto conta solamente su di una sottile base di sintetizzatore, quasi un ronzio, un impercettibile ritmo metronomico, il piano con poche epiche note diradate, abbracciato indissolubilmente con la voce che recita, si confessa, si pone domande senza risposte.
Anthrocene si apre con un ritmo anarchico e le voce sempre padrona che declama sulle modulazioni sfocate di sintetizzatore, quasi un lamento, con il piano che segue da vicino.
Batteria e sintetizzatore lieve ma quasi marziale e la voce ora più vicina alla melodia ci conduce nel clima leggermente più disteso di I Need You caratterizzata da un’intensità difficilmente eguagliabile: una richiesta d’aiuto!
Poi, il vertice del disco, con la commovente Distant Sky quasi una preghiera, scarnissima, flebili suoni, la voce di Nick e quella angelica di Else Torp, verso la luce.
La finale Skeleton Tree, una ballata più tradizionale con un mood meno funereo ed una forte presenza melodica ci accompagna verso un futuro, una forma possibile di futuro, nonostante tutto.
Certo, un disco difficile dove l’artista ha voluto affrontare attraverso la sua musica il suo percorso personale, a cuore aperto: questo è Nick Cave allo specchio. Oggi!

Chapeau.

Reverberend

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